POESIA RIBELLE
di Bruno Pinsuti Berrino
Nella storia recente della poesia lascia un segno significativo e spiazzante l’opera e l’esperienza di vita di Gregory Corso (Nunzio Gregorio Corso), italo-americano nato a New York nel 1930 e morto a Minneapolis nel 2001.
Da adulto vive un periodo significativo a Roma, mescolando sempre la sua arte con ogni disimpegno di tipo civile, sostenendosi con l’alcool e la vita a zonzo nel quartiere di Campo de’ Fiori. Innamorato di Roma e della sua magica atmosfera, chiede, prossimo alla fine, che le sue ceneri trovino riposo nel cimitero acattolico della città, vicino ad un poeta del passato, Percy Shelley, da lui molto amato, proprio perché dalla lettura dei suoi versi, aveva potuto intravedere l’importanza e la potenza dell’arte, per vivere la propria creatività con pieno senso di libertà.
Sulla lapide una sua poesia ci ricorda il vasto spazio in cui naviga il suo pensiero :
“ Spirit/is Life/ It flows thru/the death of me/endlessy/like a river/unafraid/of becoming/the sea”; (Lo Spirito/è Vita/Attraversa/la mia morte/all’infinito/come un fiume/che non ha paura/di diventare/mare”).
Fin dall’inizio Gregory ebbe la sfortuna di essere abbandonato, all’età di un anno, da due giovani genitori di origine italiana, impreparati ad una convivenza normale e ad allevare un figlio. Con questo incipit segnato e tutto in salita, comincia il sofferente ‘inferno’ terreno del ragazzo, con spostamenti in alcune famiglie adottive e ancora un breve ricongiungimento con il padre naturale, successivamente abbandonato, finendo poi per tre anni in prigione per furti commessi. Lì comincia però il suo cammino tramite importanti letture di scrittori e poeti, che mettono le ali alla sua innata e originale ispirazione.Così viene rievocata la sua avventura poetica dopo l’esperienza del carcere. Nelle date che segnano il suo passaggio vitale, “si racchiude una forsennata esistenza di vagabondaggi sulle due sponde dell’Atlantico e di letteratura che ha segnato un’epoca.
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Quanto alla sua povertà, possedere qualcosa non era nel suo modo di essere, sarebbe stato un vincolo eccessivo.” (cfr. Beppe Sebaste, “Vita aliena di Gregory Corso nella Roma di angeli e spiriti”, in “La Repubblica”, 22/05/2007, p. XIII).
Interessante anche la citazione di alcuni suoi versi: “My beliefs in Roma” (“Il mio credo a Roma”), …. in 12 frasi numerate, nello stile degli elenchi. La prima frase, dal sapore buddista, dice : “Io non sono Dio; Dio è in me. Io non sono tutto; Dio è tutto. Io non sono te; Dio lo è … L’ultima dice : “Può darsi che io non sappia/tutto quel che c’è da sapere/ma so con certezza che/non c’è poi così tanto da sapere”. (cfr. B. Sebaste, art. cit., p. XIII).
Ed è sulla poesia che si devono concludere queste brevi note, perché dicono molto di più dell’uomo e della sua intrigante visi
one poetica.
“SALVE” : Come può esserci un dio/ quando gli asini/ preferiscono la paglia/ all’oro/ e persone meglio informate/ preferiscono l’oro/ e quando scappano con l’oro/ gli sparano nel dorso./ Quando le galline/ mangiano uova sode/ e di certo/ non può esserci un dio/ quando i Gregory/ sono chiamati Corso.”
E ancora, “IL DUBBIO DELLA MENZOGNA”: “ Fu l’umanità a dirmi/ che prima o poi dovevo morire./ Non mi fido dell’umanità/ Fanno male gli uni agli altri/ E sono piuttosto inaffidabili/ Dunque come potrei credere/ che prima o poi devo morire ?/Del sole nemmeno mi fido/ può scoppiare/ da un momento all’altro/ E come posso fidarmi di quelli/ che inquinano il cielo/ con Paradisi/ gli abissi con Inferni”.
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Alcuni versi significativi: “(Bomba) Incalzatrice della storia freno del tempo tu Bomba/ Giocattolo dell’universo massima rapinatrice di cieli/ non posso odiarti …/ Bomba sei crudele come l’uomo che ti fa … / Io ti canto bomba/ … Prodigalità della morte Giubileo della morte …/ Osanna Bomba/ fa l’Infinito una improvvisa fornace …/ Squarcia il tuo ventre o Bomba …/ Fa’ cadere l’universo … / dietro la tua sorpresa/ Dio abbandonato zimbello …/ un Dio morto/ O Bomba il tuo bum la sua tomba …/ che io non possa esistere in un mondo che consente un bimbo abbandonato in un parco un uomo morto sulla sedia elettrica/ che io sia capace di ridere di tutte le cose/ di tutte quelle che so e quelle che non so per nascondere il mio dolore …/ Sappiate … che nel cuore degli uomini a venire altre bombe nasceranno … / e si pianteranno sedute su ringhiosi imperi della terra/ feroci con baffi d’oro”.
Prima di concludere ancora alcuni versi della poesia dal titolo: “ SCRITTA ALLA VIGILIA DEL MIO 32° COMPLEANNO” in cui Gregory nota che qualcosa sta cambiando nel suo mondo interiore e acquista più consistenza l’estro poetico.
“Ho 32 anni/ e finalmente dimostro la mia età se non di più./ E’una bella faccia, non più faccia da ragazzo ?/ Sembra più grassa. E i capelli/ non sono più ricciuti. E’ grosso il mio naso ?/ Le labbra sono le stesse (…) Non faccio più lo scemo./ E per questo devo sentire dai cosiddetti amici:/ “Sei cambiato. Eri così matto così grande.”/ Non sono contenti con me quando sono serio./ (…) Un altro anno in cui non ho rubato qualcosa !/ Ho smesso di rubare./ Ma mentisco ancora ogni tanto. (…) Amo la poesia perché mi fa amare/ e mi dona la vita./ E di tutti i fuochi che muoiono in me,/ ce n’è uno che brucia come il sole;/ può darsi che non illumini la mia vita privata, / i miei rapporti con gli altri, / o il mio contegno con la società,/ ma mi dice che la mia anima ha un’ombra.” (Traduzione di Fernanda Pivano)
Con il consiglio di conoscere meglio il poeta Gregory Corso, si sottende anche quello di un’analisi più attenta sulla fragilità umana, cercando di attingere dalla creatività poetica suggerimenti utili per non essere perennemente distruttivi. (Bibl.cfr.”Poesie. Mindfield- Campo mentale” , ed. Newton Compton, 2007)